Weidmann: I casi di insolvenza aumenteranno sensibilmente Intervista al quotidiano Augsburger Allgemeine
L’intervista è stata condotta da Gregor Peter Schmitz e Stefan Stahl.
Traduzione: Deutsche Bundesbank
Signor Weidmann, il coronavirus sta facendo ritornare l’inflazione? In Germania, secondo l’indice armonizzato dei prezzi al consumo, il tasso di inflazione è salito a gennaio da -0,7% a +1,6%.
Il tasso di inflazione continuerà a crescere ancora quest’anno. In Germania, l’imposta sul valore aggiunto è stata alzata nuovamente al livello di prima. Questo si ripercuote sui prezzi. A ciò si aggiunge il nuovo prezzo della CO2 che allo stesso modo aumenta il tasso di inflazione. Sull’impatto che la rinuncia forzata ai consumi durante i tempi del coronavirus avrà nel dopo pandemia vi sono tuttavia opinioni contrastanti. Molti cittadini attualmente non hanno alcuna possibilità di spendere il proprio denaro e sono costretti a risparmiare di più.
Che cosa farà la gente con questi soldi dopo il coronavirus? Li terrà nel salvadanaio o correrà subito a spenderli tutti?
Non è ancora chiaro. In ogni caso, la gente non andrà a cena fuori due volte al giorno. Ma posso sicuramente immaginarmi che molti saranno portati ad andare nelle birrerie all’aperto e nei ristoranti. Forse, per un certo periodo, andranno a mangiare fuori anche più spesso di prima. Poi dipende se i ristoratori aumenteranno i prezzi o no. Un ragionamento simile vale per esempio per i viaggi. Tuttavia, sono probabilmente soprattutto le famiglie con un reddito più elevato ad aver accumulato risparmi. In queste famiglie la percentuale di risorse finanziarie destinate al consumo è di solito più bassa rispetto ad altri. E i tassi di inflazione cominceranno a salire in modo davvero sostenibile solo se aumenteranno anche i salari. Questo è un fattore cruciale. In ogni caso, stiamo tenendo d’occhio da vicino questo sviluppo.
Azzardi comunque una previsione di inflazione per la Germania…
Dal punto di vista odierno, secondo l’indice armonizzato dei prezzi al consumo, verso la fine dell’anno il tasso di inflazione in Germania dovrebbe attestarsi oltre il 3%. Sarebbe solo una situazione temporanea – ho già menzionato alcuni effetti straordinari. Ma una cosa è chiara: a lungo termine il tasso di inflazione non rimarrà così basso come lo era l’anno scorso.
La Banca centrale europea, a quel punto, metterà fine alla sua politica monetaria eccessiva?
La politica monetaria tirerà le redini se le prospettive dei prezzi lo esigeranno. Al momento si tratta però di combattere gli effetti della pandemia. Per questo la politica monetaria è diventata ancora una volta più espansiva. Ma se nell’area dell’euro i tassi di inflazione aumentano, anche noi torneremo a discutere sull’orientamento di fondo della politica monetaria.
Quali sono quindi le conseguenze della pandemia per la politica monetaria e dei tassi di interesse della Banca centrale europea?
La BCE ha recentemente esteso ancora una volta gli acquisti di titoli di 500 miliardi, giungendo a 1 850 miliardi di euro. In sostanza, la normalizzazione della politica monetaria è stata rimandata ulteriormente. La fase di tassi bassi perdurerà più a lungo. Ma nel Consiglio direttivo della BCE, di cui faccio parte, vi erano opinioni diverse su quale fosse l’entità giusta del programma di acquisto.
Sogna qualche volta che tra cinque anni avremo dei tassi di interesse decenti e Lei alla fine è l’unico coraggioso difensore nel Consiglio direttivo che si è sempre battuto a loro favore?
Non credo che serva a qualcosa mettersi a parlare dei miei sogni.
Non può dare un barlume di speranza ai risparmiatori tedeschi che gli interessi prima o poi, forse tra cinque o dieci anni, torneranno a salire?
Ci troviamo già da molto tempo in una fase di tassi di inflazione bassi e quindi di tassi di interesse molto bassi, ma sono convinto che questo non possa andare avanti all’infinito. Per questo è ancora più importante che il Consiglio direttivo della BCE ritiri tempestivamente la sua politica monetaria molto espansiva, non appena sarà prevedibile che raggiungeremo il tasso di inflazione che ci siamo prefissati come obiettivo. A quel punto si dovrà agire con determinazione, anche se i costi di finanziamento per gli Stati altamente indebitati aumenteranno.
Quindi, che cosa deve avvenire concretamente dopo il coronavirus?
Dopo la crisi bisogna rimettere in ordine le finanze pubbliche nell’area dell’euro. Infatti, nel frattempo il debito pubblico nell’area dell’euro in totale supera l’attività economica annuale. La politica monetaria deve ripetere sempre chiaramente che si orienta alla stabilità dei prezzi e non ha riguardo per le conseguenze che questo ha per la sostenibilità del debito pubblico. Ciò è importante per la credibilità della politica monetaria e la fiducia dei cittadini nell’Eurosistema.
Non vuole dare speranza ai piccoli risparmiatori parsimoniosi che finalmente i tassi di interesse aumenteranno?
Ma anche questi risparmiatori dovrebbero avere un interesse durante la pandemia, che la politica monetaria dia supporto alla congiuntura economica e al mercato del lavoro. Questo va anche a loro beneficio. E poi: noi non siamo solo risparmiatori. Chi prende un prestito beneficia di tassi di interesse molto bassi. I contribuenti approfittano delle condizioni di finanziamento favorevoli dello Stato. Infine, il Consiglio direttivo della BCE non ha come obiettivo un determinato livello di interessi per i risparmiatori. La nostra chiara promessa ai cittadini nell’area dell’euro è che il valore dei loro soldi rimanga stabile. È per questo obiettivo che mi impegno.
Come stiamo economicamente? La presidente del Land della Renania-Palatinato Malu Dreyer ritiene che “nel complesso abbiamo attraversato bene la pandemia
”. La cancelliera Angela Merkel sembra abbia detto che la cosa ci è sfuggita di mano.
Sono dichiarazioni che richiedono più che altro un giudizio di tipo epidemiologico. E ciò non rientra tra le mie competenze specifiche in qualità di presidente della Bundesbank. Alla fine si tratta anche di ampie considerazioni politiche. Se chiede a me come cittadino, posso capire entrambe le dichiarazioni. Naturalmente la situazione per noi è logorante. Infatti i numeri dei contagi continuano ad essere più alti di quanto sperassimo. E la situazione è aggravata ancora di più dalle nuove varianti del virus.
E che cosa parla a favore dell’opinione più ottimista della rappresentante della SPD, Malu Dreyer?
Che non vanno tralasciati i successi raggiunti: siamo riusciti fino ad ora a impedire un sovraccarico del sistema sanitario e nel frattempo abbiamo anche diversi vaccini altamente efficaci, anche se purtroppo la loro somministrazione sta subendo dei ritardi. Altro motivo a favore di un punto di vista più ottimista è anche che l’economia nel complesso ha fino ad ora affrontato la crisi abbastanza bene, sebbene alcuni settori ne siano colpiti molto severamente.
Quindi la Bundesbank resta fedele alle sue previsioni economiche di dicembre, secondo le quali l’economia tedesca quest’anno crescerà del 3%? Allora c’è motivo di essere ottimisti?
Fare previsioni attualmente è tutt’altro che facile. Infatti, lo sviluppo economico dipende in modo decisivo dall’andamento della pandemia ed è di conseguenza altrettanto incerto. Se si riesce ad avere sempre più controllo sulla pandemia nel corso dell’anno e le misure di contenimento possono essere largamente allentate, la ripresa dell’economia tedesca proseguirà. Per questo i nostri economisti, ad oggi, sono dell’avviso che non dobbiamo rivedere sostanzialmente la nostra previsione dello scorso dicembre.
Perché è così fiducioso?
I nostri esperti sono già stati molto cauti nella formulazione di questa previsione. Ultimamente l’industria si è dimostrata robusta, in parte anche grazie alla domanda globale di prodotti tedeschi. Questo è uno dei motivi per cui l’economia tedesca nel trimestre in corso non dovrebbe subire una battuta d’arresto troppo forte. Tuttavia, i primi tre mesi di quest’anno andranno peggio di quanto da noi pronosticato. Molto dipende ora da come si evolve la pandemia e da quando le misure di contenimento potranno essere allentate.
Quando torneremo al livello economico pre-coronavirus? Già nel 2022?
Secondo la nostra previsione di dicembre, all’inizio del 2022. Ma ribadisco che ciò potrà avvenire solo se si supera la pandemia dal punto di vista medico nel corso di quest’anno.
Per superarla, la popolazione deve però essere vaccinata.
La mia impressione è che, in questo stadio, i produttori stiano facendo tutto il possibile per accelerare la produzione. Per esempio vengono coinvolte altre aziende nella produzione. Tutto quello che si può fare per aumentare e accelerare la produzione del vaccino è sicuramente denaro investito bene.
Avremmo fatto meglio a comprare il vaccino a livello nazionale, invece di puntare sull’Europa?
L’idea di base di ordinare insieme è stata sicuramente giusta e una reazione ragionevole alle azioni individuali di singoli Stati, con elevato potenziale di conflitto, come vi sono state all’inizio della pandemia, per esempio quando sono state vietate le esportazioni dei dispositivi di protezione. Se sono stati fatti errori negli acquisti dei vaccini, allora questi devono essere analizzati con occhio critico per trarne insegnamento. Tuttavia, non porta a nulla condurre accesi dibattiti su quello che, con le conoscenze che abbiamo oggi, avrebbe potuto essere fatto meglio in passato.
Ma la stessa cancelliera si sorprende, in tempi di coronavirus, dei punti deboli della Germania, come per esempio dell’insufficiente digitalizzazione degli uffici di sanità pubblica. Molto tempo prima di passare alla Bundesbank, Lei ha lavorato a stretto contatto con la signora Merkel in qualità di responsabile del Dipartimento di politica economica e finanziaria presso la Cancelleria federale.
Prima della pandemia, in ogni caso, non c’è stato un grande dibattito pubblico sulla dotazione dei nostri uffici di sanità pubblica. Noi siamo molto bravi ad analizzare le cause di una determinata crisi e anche a evitare che una tale crisi si ripeta. Ma il problema è che ogni crisi è diversa. E la prossima crisi arriverà probabilmente da tutt’altra parte. Verso la fine degli anni ’90 ho lavorato in un dipartimento del Fondo Monetario Internazionale in cui si sviluppavano modelli per prevedere le crisi finanziarie. Questi modelli riuscivano con ogni crisi a spiegare meglio le crisi precedenti. Ma ciò di gran lunga non significava che fossimo in grado di predire in modo affidabile la crisi successiva. In ogni caso, nell’estate 2020 ci siamo occupati troppo poco di quello che sarebbe avvenuto in autunno. Dopotutto ha predominato il sollievo per aver superato la prima ondata.
Con la crisi dovuta al coronavirus, crescono le voci critiche nei confronti del nostro sistema federale, da ultimo da parte di Axel Weber, Suo predecessore come presidente della Bundesbank, secondo il quale il federalismo sarebbe troppo inefficiente in circostanze eccezionali. Lei che cosa ne pensa?
Trovo che una forma di Stato non dovrebbe essere fatta solo per le circostanze eccezionali. E poi, ripensate alla prima ondata della pandemia, in cui la Germania se l’è cavata meglio di molti altri Paesi a noi vicini, tra cui alcuni con un forte governo centrale. Allora, la struttura decentralizzata della Germania – con i suoi uffici sanitari ancorati a livello locale o una rete più ampia di laboratori – appariva a molti come uno dei nostri punti di forza.
Quindi, alla fin fine, il federalismo è comunque meglio del centralismo.
Questa è una conclusione troppo semplicistica. Entrambe le forme hanno i loro punti forti e i loro punti deboli. Molto più preoccupante è, secondo me, la discussione simile che viene condotta di quando in quando, se alla luce della pandemia, la democrazia, sia essa sotto forma di Stato federale o centralizzato, sia dopotutto forse peggio di un regime autoritario. Considerando che democrazie come la Corea del sud, Taiwan o la Nuova Zelanda hanno tenuto sotto controllo la pandemia, mentre un gran numero di regimi autoritari non ci sono riusciti, ritengo che questa ipotesi sia già sbagliata dal punto di vista oggettivo. Ma inoltre, questo confronto disconosce il valore di una democrazia, cioè che i cittadini possono influenzare la direzione politica e anche criticare le decisioni. Sono profondamente convinto che la nostra società aperta, democratica e basata su un’economia di mercato, alla fine sia la forma migliore per il benessere e la prosperità della popolazione.
Lei ha sviluppato scenari per predire le crisi. Quale crisi arriverà dopo il coronavirus? Scivoleremo direttamente nella prossima crisi del debito sovrano e dell’euro, a partire dall’Italia?
Dopo la pandemia, gli Stati devono ridurre nuovamente il loro indebitamento. Per questo dobbiamo occuparci a fondo di come le regole fiscali europee possano diventare più efficaci. Noi, in Europa, ci siamo decisi a favore di una politica monetaria comune. Ma gli Stati non sono stati disposti a cedere la propria autonomia sui bilanci pubblici nazionali. Questo crea degli incentivi per gli Stati a indebitarsi maggiormente. Un debito elevato rende vulnerabile l’Unione monetaria e potrebbe aumentare la pressione nei confronti della politica monetaria a mantenere bassi i costi di finanziamento.
Che cosa significa concretamente per la BCE?
Oltre alle regole di politica fiscale, anche i mercati dei capitali devono disciplinare le finanze pubbliche. L’acquisto di titoli di Stato da parte della BCE non deve pertanto minare la disciplina di mercato.
Il capo della Cancelleria federale, Helge Braun, ha proposto di sospendere definitivamente il freno al debito e di emendare la Costituzione tedesca a tale scopo. Si sta cercando di scardinare uno degli ultimi dogmi della CDU?
Al momento è difficile stimare il bisogno di consolidamento che si avrà dopo la crisi, perché l’incertezza è semplicemente troppo elevata. Quando si parla del “quando” e del “come” consolidare, non si deve però dimenticare che il freno al debito ci ha aiutato a mettere in piedi delle finanze pubbliche solide nei periodi favorevoli. Grazie a ciò, lo Stato, ora che è necessario, è capace di agire dal punto di vista finanziario. La Germania ha ottenuto buoni risultati con il freno al debito.
Ma dopo il coronavirus ci ritroveremo seduti su una montagna di debiti.
La Germania è in grado di sostenere questo livello di indebitamento. Del resto, il rapporto debito/PIL è ancora molto inferiore rispetto a dopo la crisi finanziaria. Comunque sì, delle regole fiscali efficaci come il freno al debito sono importanti per abbassare nuovamente il debito dopo la crisi.
Ma è assolutamente irreale voler soddisfare i requisiti del freno al debito l’anno prossimo. Significherebbe lasciare solo un piccolissimo margine di manovra finanziario.
No, con le riserve disponibili il consolidamento si può protrarre per un periodo di tempo considerevole. Lo Stato ha accumulato negli anni scorsi una riserva di circa 50 miliardi di euro. Eventualmente, si dovrà parlare di ulteriori eccezioni se la pandemia durerà più a lungo.
Dobbiamo rivedere il freno al debito?
No, non direi. Naturalmente si può discutere sulla sua forma concreta. Ma il freno al debito è un paletto importante in termini di politica fiscale. E io non lo considero neanche un freno agli investimenti e alla crescita.
La via d’uscita logica da questo enorme indebitamento non è aumentare le tasse?
No. Ribadisco: sono dell’avviso che la Germania sia in grado di sostenere questo livello di debito. Durante una fase di ripresa economica, le spese legate per esempio al mercato del lavoro calano automaticamente e il gettito fiscale torna a ravvivarsi. È quello che è avvenuto anche dopo la crisi finanziaria. Inoltre, eventuali buchi di bilancio si possono naturalmente chiudere anche con delle misure atte al risparmio. E comunque, considerando l’incertezza che vivono le imprese e i consumatori, non è il momento giusto per dibattere su aumenti delle tasse che potrebbero anche non essere affatto necessari.
Vi è la minaccia di un’ondata di insolvenze in Germania a breve termine? Saremo travolti da uno tsunami di fallimenti?
Il crollo economico si rifletterà in casi di insolvenza solo nei prossimi trimestri. Questi aumenteranno sensibilmente, ma partendo da un livello molto basso. Il numero delle aziende insolventi dovrebbe rimanere di molto al di sotto del suo massimo storico. A ciò contribuiscono anche le numerose misure di sostegno alle aziende varate dal governo federale.
Non dobbiamo tornare rapidamente sulla via dell’economia di mercato, una volta che la pandemia sarà superata? Lo Stato non può sorreggere aziende come la TUI per sempre.
La crisi ha mostrato quanto siano valide le soluzioni che nascono dall’economia di mercato. Basti pensare ai vaccini, sviluppati con successo da diverse aziende private in tempi record, o alla velocità con cui le imprese hanno convertito la loro produzione per fornire mascherine. L’intervento massiccio dello Stato durante la crisi è stato importante, ma non deve diventare la normalità. Non credo infatti che il governo sia più adatto degli imprenditori per gestire le aziende.
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